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Ovoline di Mozzarella di Bufala Campana DOP
Tipicità: Campania
prodotto DOP
prodotto senza glutine

STORIA
Le prime testimonianze sulla mozzarella di bufala risalgono al 1400, quando veniva chiamata semplicemente Mozza, perché la fase finale del processo di lavorazione termina con la mozzatura. Il bufalo italiano (Bos Bùbalus) appartiene alla famiglia dei bovidi ed è originario dell'india orientale. Il suo nome deriverebbe dal latino parlato "bufalum". Secondo alcuni, questo animale fu introdotto in Italia in epoca longobarda, con le invasioni barbariche del VI secolo, e precisamente nel 596, da Agilulfo. Secondo altri, furono i Re normanni che, intorno all'anno 1000, dalla Sicilia, dove il bufalo era stato introdotto dagli Arabi, lo diffusero in tutta l'Italia meridionale.
Qualcun altro invece afferma che il bufalo era conosciuto già in epoca greca e allevato in Italia fin dall'epoca romana. Infine c'è chi sostiene l'origine autoctona di questo animale, e a sostegno di tale ipotesi, vi sono il ritrovamento di relitti fossili nella campagna romana e nell'isola di Pianosa, nell'arcipelago toscano, e i risultati di recenti studi che proverebbero una diversità filogenetica tra il bufalo italiano e quello indiano. In particolare, la bufala si afferma in Calabria, Puglia, Lucania e in Campania, dove si diffonde con grande facilità nel basso Volturno. Le piane del Volturno e del Sele assumono le caratteristiche ambientali più adatte per l'allevamento del bufalo nel XI secolo completato il fenomeno dell'impaludamento.
Questo animale diventa poi il padrone incontrastato delle paludi a partire dal XIII secolo, quando all'impossibilità di destinare quei terreni si aggiunge il flagello della malaria , che provoca uno spopolamento progressivo di quelle zone. A quei tempi il bufalaro teneva le bufale sempre allo stato brado o semiselvatico e spesso le utilizzava, per la loro rustica costituzione, per arare i terreni più compatti, o come animali da soma nelle zone acquitrinose, dove i loro zoccoli lunghi e larghi non affondavano troppo. Ma, sopra ogni cosa, le bufale erano preziose per la produzione di latte: ogni mattina, infatti, dopo averle radunate presso i centri aziendali, detti "lestre" o "procoi" o, più genericamente "paglire", i bufalari, chiamandole per nome, le facevano avvicinare al recinto dei vitelli e le mungevano.

In principio, il latte di bufala veniva trasformato nello stesso locale in cui veniva munto. Solo a partire dal 600, si passò a lavorare nelle bufalare, caratteristiche costruzioni in muratura, dalla forma circolare con un cammino centrale, intorno al quale, sotto l'occhio esperto di un Mastro casaro, il latte diventava formaggio, caciocavallo, burro, ricotta, e soprattutto provola.
Dalla sua professionalità, dipendeva la qualità della mozzarella: nella fase più delicata della lavorazione, infatti, la sua abilità, rappresentava l'unico punto di riferimento. Il consumo dei latticini bufalini risale al XII secolo, come ricorda Campanile Castaldo.
Già d'allora, infatti, i monaci del Monastero di San Lorenzo in Capua, usavano offrire una mozza o provatura con un pezzo di pane, ai componenti del Capitolo che si recavano presso di loro, ogni anno, in processione. Inizialmente, però, sembra, che venissero prodotte più che altro ricotte e provole, queste ultime pure affumicate, perché si conservassero di più e potessero essere trasportate anche lontane. La mozzarella, invece, per la sua deperibilità veniva prodotta con scarsa quantità e consumata localmente: in definitiva la mozzarella si configura in origine come un sottoprodotto della preparazione della provatura/provola, circondata da una scarsa considerazione per la difficoltà di conservazione e di commercializzazione date le peculiari caratteristiche di freschezza, e perciò destinata ad un circuito ristretto magari di raffinati degustatori. Sull'etimologia della parola mozzarella, non sembrano esserci dubbi: essa è il diminutivo di mozza, da mozzare, tant'è vero che nei documenti più antichi molto spesso viene definita direttamente mozza, se non provatura. Comunque anche il termine mozzarella è antico: lo troviamo, infatti, per la prima volta nel 1570 in un libro di cucina di un certo Scappi, uno dei cuochi della corte papale.

La diffusione della mozzarella, comunque, va di pari passo con l'accrescimento delle vie di comunicazione: "...con il miglioramento della rete stradale, con l'espandersi delle ferrovie, i prodotti bufalini cominciano a varcare i confini della Campania per raggiungere altre zone di smercio." Per questo, già con l'unificazione d'Italia, si venne a creare fra Napoli e Caserta, ad Aversa, la famosa "Taverna", che altro non era se non una specie di mercato all'ingrosso delle mozzarelle e delle ricotte di bufala che stabiliva quotidianamente le quotazioni in rapporto alla produzione e alla richiesta. Per mantenere più possibile la freschezza e la fragranza del prodotto, fino a qualche decennio fa, si usava conservare le mozzarelle non in acqua di governo, ma in fogli di giunco e di mortella, disposte in cassette di vimini e di castagno. Oggi che questa tradizione si è persa, ne resta tuttavia il ricordo.

CARATTERISTICHE
La Mozzarella di Bufala è un formaggio a pasta filata, molle, crudo con un particolare bouquet, ottenuto esclusivamente con latte intero di Bufala, da consumarsi subito o entro 2-3 giorni. Viene prodotta nelle regioni meridionali della Campania, Puglia, Lazio.
E' un formaggio reso a Denominazione Tipica con Decreto 28 settembre 1979, pertanto da non è da confondere con il Fior di Latte che è un formaggio a pasta filata molle, fabbricato oramai in molte regioni d'Italia, ma prodotto con latte vaccino. Oltre alla qualità del latte, sono le fasi della lavorazione ad influenzare molto la bontà della mozzarella. Nei diversi periodi della lattazione, si osservano nel latte di bufala ampie oscillazioni nel contenuto di grasso mentre il contenuto di proteine resta relativamente costante. Ne risulta una grossa variazione nel tempo del rapporto grasso/proteine. Gli effetti di tale fenomeno possono risentirsi in fase di trasformazione.
La coagulazione del latte viene preceduta dall'addizione di sieroinnesto naturale (detto anche "cizza") ottenuto lasciando acidificare spontaneamente a temperatura ambiente il siero della lavorazione del giorno precedente. La coagulazione viene effettuata mediante aggiunta al latte di caglio liquido di vitello. Il riscaldamento del latte avviene per immissione diretta di vapore viene quindi addizionato del caglio. La temperatura ottimale è fra i valori di 34 °C e 38 °C e la durata media della coagulazione non supera in ogni caso 30 minuti.
La coagulazione, in base alle caratteristiche del latte (più o meno acido) e delle modalità di riscaldamento del latte in caldaia, può essere accorciata sensibilmente. Lo spurgo consiste nella separazione del siero dalla cagliata. La rottura della cagliata, favorisce lo spurgo che sarà tanto maggiore quanto più energica è l'azione meccanica. La rottura viene effettuata di solito manualmente con un "ruotolo" di legno (bastone alla cui estremità è fissato un disco di legno con la faccia esterna convessa) o con uno spino metallico e viene portata avanti fino ad ottenere grumi caseosi delle dimensioni di una nocciola (3-6 cm). Molta cura viene posta nelle modalità di rottura della cagliata. Quasi sempre la rottura comporta perdita di grasso del siero (fino all'1%). Dopo aver lasciato la cagliata a maturare nel siero caldo ed acido per alcune ore, si ottiene la solubilizzazione dei sali di calcio e quindi la demineralizzazione della pasta di mozzarella che, come risultato, acquista plasticità.
Successivamente viene manipolata e quindi ridotta a filamenti dai quali si ottiene la pezzatura desiderata, mediante la cosiddetta "mozzatura", ossia i blocchi di mozzarella vengono presi con le mani e mozzati secondo il formato desiderato. La salatura viene realizzata generalmente immergendo il formaggio in soluzioni saline a diversa concentrazione, tipicamente con un contenuto di sale che varia dal 10 al 18%. La durata dell'operazione varia da caseificio a caseificio ma in genere non supera le 10 ore per le pezzature di 400-500g. La tendenza attuale è di eliminare la fase di salatura per immersione in soluzioni saline, salando direttamente in pasta o effettuando la filatura con acqua salata. La salatura tradizionale presenta, infatti, alcuni inconvenienti che possono essere in parte risolti salando il formaggio in maniera diversa.
Durante la permanenza del formaggio nella salamoia, il sale penetra in esso per diffusione. Pertanto la velocità con cui il sale penetra nel formaggio dipende dalla concentrazione salina della salamoia, dalla temperatura e soprattutto dalle dimensioni della forma di mozzarella. Così come viene realizzato nel caseificio, il processo è estremamente lento, per cui al termine del periodo di immersione in salamoia la concentrazione di sale nel formaggio è ben lungi dall'essere uniforme. Quindi per ottenere una concentrazione uniforme di sale nel formaggio sarebbero necessarie più di 72 ore. Al termine della permanenza in salamoia, il formaggio risulta molto ricco di sale nelle zone periferiche, mentre già a qualche millimetro della superficie il contenuto di sale è pressochè nullo. Una volta estratto dalla salamoia e immerso nel liquido di governo la concentrazione di sale nel formaggio tende a riequilibrarsi. Dagli strati esterni in cui la concentrazione è molto alta, il sale migra verso gli strati interni.
Durante la permanenza nel liquido di governo ha luogo, però, anche un altro processo diffusivo che interessa il sale contenuto nel formaggio. Il liquido di governo è generalmente costituito da una soluzione acidula contenente il 2-3% di cloruro sodico. Poiché la concentrazione di sale nelle zone superficiali del formaggio è più alta di quella nel liquido di governo si attiva un processo di migrazione del sale del formaggio al liquido di governo. Inoltre, durante la conservazione nel liquido di governo è possibile che il livello di sale si abbassi eccessivamente provocando il progressivo sfaldamento superficiale del formaggio. Un altro aspetto negativo associato alla fase di salatura per immersione in salamoia è quello dovuto al fatto che durante questa operazione, oltre ai fenomeni diffusivi che interessano il sale, si ha una rilevante migrazione dell'acqua che, per effetto dei fenomeni di osmosi, muove dal formaggio verso la soluzione salina. Le conseguenze del processo di perdita d'acqua nel formaggio sono entrambe indesiderate e consistono nella riduzione di resa del prodotto ed un sensibile aumento della consistenza.

Successivamente alla salatura il formaggio mozzarella viene conservato mantenendolo immerso in un liquidi di governo. Il liquido di governo è costituito in genere da acqua di filatura a cui viene aggiunto sale e siero acido diluito. In alternativa viene usata acqua salata aggiunta di acido citrico e/o lattico. Quest'ultimo tipo di liquido di governo è quello che viene ritenuto più idoneo poiché consente di prolungare la vita commerciale del prodotto, soprattutto nel periodo invernale. Nel periodo estivo, la composizione del liquido di governo viene modificata anche in funzione della destinazione del prodotto e del periodo di permanenza sul mercato. La conservabilità di un prodotto è strettamente legata al tipo di materia utilizzata (latte crudo o pastorizzato) ed alla tecnologia di trasformazione. Il prodotto ottenuto da latte crudo e sieroinnesto naturale si conserva, immerso nel liquido di governo, per 3-4 giorni a temperatura di 4-10 °C senza perdere le sue caratteristiche (superficie esterna lucida, colore bianco, pasta morbida ed elastica, sapore particolare di latte fresco con punte di selvatico).
Oltre tale periodo la superficie esterna si sfalda, la pasta perde la sua consistenza e diventa burrosa perdendo completamente la struttura a sfoglie sovrapposte, ottenuta con la filatura. La mozzarella ottenuta con latte pastorizzato e innesto selezionato presenta, invece, un tempo di conservazione molto lungo che può arrivare fino a quindici giorni (produzioni industriali).

INGREDIENTI: Latte di bufala, sieroinnesto naturale, caglio, sale.

 

VALORI NUTRIZIONALI MEDI PER 100 GR DI PRODOTTO:

 

Umidità 60% - proteine 16% - grassi 23% (di cui saturi 17%) – residuo secco 40% – grassi/sostanza secca 58% - carboidratii 1% (di cui zuccheri 15)– sale 0,6% (sodio 0,24%) Calcio 270 mg - pH 5,20 circa.
DESCRIZIONE TRATTAMENTI
Pastorizzazione del latte; salatura del prodotto
  • Proteine 16% -
  • Grassi 23% (di cui saturi 17%) 
  • Carboidratii 1% 
  • Sale 0,6% 
  • Calcio 270 mg
  • residuo secco 40%
  • pH 5,20 
  • Umidità 60%

ALLERGENI:  Latte e proteine del latte.

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